Voci urbane è il blog di Bergamo per i Giovani, le Politiche Giovanili del Comune di Bergamo, un luogo di approfondimento e racconti!
Mi chiamo Andrea e sono un educatore di Giovani Onde un servizio, delle Politiche per i Giovani del Comune di Bergamo, che mi vede impegnato nelle strade a contatto con le e i giovani che vivono gli spazi pubblici cittadini.
In questi ultimi mesi, frequentando le zone della stazione e del centro, ho notato una crescente moda legata all’utilizzo dei passamontagna fra i ragazzi e le ragazze della città.
Il passamontagna è un indumento strano, che spopola sulle passerelle di moda, che ha visto la sua rinascita grazie alla cultura rap/trap. Questo indumento oscura e racconta una parte “losca” delle persone che li indossano. Da un lato nasconde e contemporaneamente mostra una parte di sé.
M. è un ragazzo che ho incontrato grazie al progetto di educativa di strada ed accolto, per qualche settimana, all’interno del dormitorio cittadino; si presenta quasi sempre nascosto dietro al suo caratteristico accessorio: il passamontagna. Conosce bene gli operatori cittadini che negli ultimi mesi lo hanno incrociato e quando toglie la “maschera” trova sempre il modo di raccontare qualcosa della sua vita
M:“Eeeh, a 16 anni sono andato in carcere minorile, poi quando ho compiuto 18 anni mi hanno spostato in quello degli adulti e quest’estate sono uscito. Si ma tanto ci ritorno.”
A: “Ma come ci ritorni? Se fai il bravo non ci ritorni!”
M: “A me piace fare il business. Io non andrò mai a lavorare per 1000 euro al mese. Ci sono un sacco di modi per fare soldi se sei capace di fare il business!"
A: “Ascoltami Businessman, ma non è meglio andare a scuola che fare il business?"
M: "No, la scuola non fa per me basta. Io mi arrangio non ti preoccupare”
Questo discorso del lavoro e dei soldi facili lo abbiamo sentito in molte conversazioni di strada e sicuramente M. lo arricchisce con un carico di immaginario delinquenziale maggiore rispetto alla media dei suoi coetanei. Porta un racconto estremo e romanzato del suo passato, del suo presente e del suo futuro, vissuto fra le maglie della delinquenza dentro contesti abitativi e famigliari che di educativo hanno sempre avuto ben poco. Sembra non riesca a immaginarsi in altro modo o almeno questo è ciò che vuol far trasparire, tanto che una sera ho cercato di invitarlo a presentarsi ai punti di ascolto per l’ottenimento di un posto letto dopo aver raccontato di essersi rotto un braccio e di aver dormito all’aperto per qualche notte, arrivando a pensare: “Basta! Mi butto sotto un treno”.
Nelle settimane successive rivediamo M. diverse volte sulla piazza della stazione, sempre a chiacchierare, muovere e sbrigare in mezzo a giovani della sua età. E sempre nascosto nel suo passamontagna usurato.
C’è stato un momento in cui lo ho visto senza: mano nella mano con una ragazza, passeggiando lungo una via del centro, quell’istante di normalità mi ha regalato uno splendido sorriso, e mi ha fatto dimenticare tutti i racconti di pesante fragilità fatti da M. duranti i nostri incontri. In quell'istante l’ho immaginato in un futuro dove il suo immaginario si fosse slegato dal suo passato, volando alto dentro contesti più sereni. Per lui non sarà facile e dovrà metterci molta volontà.
Siamo educatori e educatrici di passaggio. Possiamo ascoltare, offrire un punto di vista, riflettere insieme su come si possono vedere i fatti della vita. Dopo di che si fa un passo indietro, lasciando la libertà, augurando a chi abbiamo davanti che le cose vadano nella giusta direzione e sperando di esser stati un buon confronto, un buon punto di vista, un buon istante nella vita di chi abbiamo incontrato. Soprattutto noi che lavoriamo fra le strade, incrociando i cammini delle e dei giovani che vivono gli spazi pubblici della città portandoci dentro la propria vita, i propri amici, le proprie gioie, i propri sogni e le proprie fragilità.
Immagine di copertina: Evan Velez Saxer da Pexels
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