Voci urbane è il blog di Bergamo per i Giovani, le Politiche Giovanili del Comune di Bergamo, un luogo di approfondimento e racconti!
Filippo e Martina, sono due componenti del gruppo che quest’anno ha preso parte al progetto “Sguardi di un certo Genere”. Ci abbiamo chiacchierato per la prima volta in aprile per farci raccontare come stavano vivendo questo percorso.
È stata una folgorazione. Due adolescenti completamente differenti, lui adorabile 14enne dai riccioli biondi e l’animo metal; lei euforica 18enne, estroversa e piena di entusiasmo. Nonostante la loro apparente diversità da gennaio a maggio non solo hanno partecipato allo stesso gruppo di lavoro ma hanno anche creato qualcosa di bello.
Facciamo un passo indietro: Sguardi di un certo genere è un progetto di Bergamo per i Giovani, co-progettazione del Comune di Bergamo con il consorzio Consorzio Sol.Co Città Aperta e HG80 Impresa Sociale, in collaborazione con l’Associazione Culturale Immaginare Orlando, che dal 2015 prende forma sotto forma di laboratorio costruito intorno ai linguaggi del teatro e delle arti visive. Un continuo dialogo che mette al centro l'esplorazione delle differenti soggettività e la relazione tra identità personali e collettive.
La volontà primaria è l'attivazione di uno spazio aperto alle pluralità, sia nella composizione del gruppo che nelle tematiche affrontate, con un'attenzione specifica al tempo che tutt*, ragazz* compres*, stiamo vivendo. Negli ultimi due anni infatti, sono emerse con più forza fragilità e diseguaglianze, per questo durante il percorso è stato fondamentale confrontarsi con le ragazze e i ragazzi creando uno spazio artistico di valorizzazione delle differenze.
Il risultato è stata la performance “Nelle casette vicino al mare” andata in scena l’8 maggio tra Daste e Genova Voltri e che ha visto in scena 12 giovani. Abbiamo chiesto a Filippo e Martina quale è il rapporto tra “Sguardi” e il mare. Ci hanno spiegato che Sara Luraschi e Lucio Guarinoni, le due persone che hanno ideato e condotto il percorso, hanno iniziato a far lavorare il gruppo sulla serie “Beach portraits” una collezione di scatti di Rineke Dijkstra nella quale adolescenti sono ripres* con un paesaggio marino sullo sfondo. La fotografa Olandese, cattura i suoi soggetti nei momenti di transizione o vulnerabilità, concentrandosi sulle varie sfumature del tema dell‘identità. La spiaggia è uno spazio metaforico che fa riferimento tanto alla transizione tra il mare e la terra, quanto al passaggio tra infanzia e età adulta. I suoi modelli si trovano a metà di questo varco. Coperti solo da un costume, in pose che richiamano l’instabilità e la ricerca di un equilibrio precario.
Anche per le e i 12 giovani che hanno preso parte a “Sguardi” il mare ha avuto un significato metaforico: l’acqua è un elemento guida nel quale la fluidità è una questione da attraversare e da cui farsi attraversare. Nella performance messa in scena dal gruppo l’incontro con il mare fa emergere le tracce dei mesi trascorsi insieme, le porta a riva: voci, corpi, immagini per raccontare una generazione plurale, le loro identità, i loro desideri, il loro scorrere.
Martina dice che l’ostacolo più grande da superare durante il progetto è stato “affrontare alcuni aspetti del mio carattere che in gruppo emergono prepotentemente. Gestirli in modo efficace e sano fino a riuscire ad occupare lo spazio e rendendo utile anche per gli altri la mia presenza. Accettare questa parte del mio essere è stato un lavoro lento. Mi sono resa conto di aver acquisito consapevolezza di me durante la prima prova all’aperto: date alcune indicazioni dovevamo muoverci in gruppo e in quei momenti mi sono accorta del lavoro che Sara e Lucio mi stavano facendo fare. In quegli istanti ho visto quali fossero i problemi e ho capito come affrontarli”.
Filippo invece alla domanda sulle difficoltà ci risponde “Non ne ho avute, è andato tutto liscissimo. Quando ho iniziato il laboratorio non avevo ben in mente cosa avremmo fatto. Non mi sarei mai aspettato di arrivare ad una performance come quella che abbiamo creato. Anche se non sapevo cosa sarebbe successo, tutto quello che è accaduto mi è venuto naturale. La giornata della performance poi è stata incredibile: il viaggio, il post performance e il ritorno. Quel giorno è stato avvolto da una sensazione molto bella. È incredibile cosa abbiamo fatto in un tempo così breve!”
Durante tutta la chiacchierata con loro avvertiamo una forte emotività, si percepisce come ogni parola che racconta “Sguardi” sia pregna di emozioni ed emotività ma il racconto è naturale, non si avverte il minimo imbarazzo.
Abbiamo chiesto ad Andrea Milani l’educatore di Bergamo per i Giovani che ha seguito il progetto se ci fosse un episodio che gli fosse rimasto particolarmente impresso: “in uno degli incontri il gruppo ha lavorato sull’utilizzo dello spazio inteso come vuoto: abbiamo diviso le e i giovani a coppie e abbiamo chiesto loro di completare il vuoto lasciato dal corpo dell’altra persona. Era un movimento in costante divenire. La cosa che mi ha stupito di più è stata la naturalezza e la spontaneità con cui riuscivano ad entrare in contatto con i loro corpi, senza timori legati alla fisicità”.
Durante questi mesi di lavoro le e i giovani che hanno partecipato al laboratorio, hanno sperimentato un via vai di emozioni intense riuscendo a sviluppare la capacità di mettersi nei panni delle persone con le quale entravano in contatto, riflettendo su quello che si muove dentro un’altra persona oltre che in loro stess*.
La chiacchierata con Filippo e Martina si conclude con questa frase: “la giornata della performance è stata completa. Durante le ore trascorse insieme la condivisione con le altre persone è stata speciale. Abbiamo capito che questo genere di interazioni non vanno circoscritte a singoli istanti, ma è possibile viverle e condividerle in qualsiasi momento e situazione”.
L'autocoscienza di sé nella relazione con l'altr* è l’obiettivo di un’educazione emotiva che non tende a comprimere le emozioni ma, piuttosto, a renderle comprensibili, accettabili, nominabili, fruibili e condivisibili con chiarezza da tutt*, per arrivare alla creazione di sempre più spazi aperti alle pluralità e naturalmente fruibili.
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